What happened, Miss Simone? la vita di Nina Simone tra palco e impegno civile

Dagli inizi come cantante nei nightclub di Atlantic City fino alla partecipazione alla Marcia di Selma in difesa della popolazione di colore, ‘What Happened, Miss Simone?’ è un ritratto potente di Nina Simone, l’artista icona della musica jazz e soul nota anche per il suo impegno per l’affermazione dei diritti civili dei neri d’America.

nina simonePresentato alla Berlinale, il film è disponibile su Netflix, la piattaforma streaming che dovrebbe arrivare anche in Italia in ottobre. Ma quale sfida ha affrontato la regista Liz Garbus (Bobby Fischer Against the World, Love Marylin) prima di portare sullo schermo una vita così piena di incontri ed avventure come quella di Nina Simone, caratterizzata dalla perenne- e mai soddisfatta- ricerca di se stessa?

‘Ho iniziato a girare alla fine degli anni ’90, partendo con un film ambientato nel penitenziario di stato della Louisiana, un’ ex-piantagione di schiavi che oggi è stata riconvertita in carcere di massima sicurezza’, racconta Liz Garbus, una nomination all’Oscar, co- fondatrice della Moxie Firecracker con cui ha prodotto più di quindici film. ‘Dopo The Farm, mi sono spostata in Oklahoma, dove ho realizzato The Execution of Wanda Jean, sulla prima donna afro-americana giustiziata negli States. Per questo motivo mi è sembrato del tutto naturale iniziare a lavorare a questo film -la storia di un talento mai del tutto compreso ma molto amato di nome Nina Simone-, ed anzi, per me è stato come se ad un certo punto tutto quello su cui avevo lavorato per quindici anni si fosse fuso insieme nella sua unica, straordinaria storia.

Liz Garbus con Lisa Simone, figlia di Nina
Liz Garbus con Lisa Simone, figlia di Nina

Il progetto del film me l’ha proposto Justin Wilkes di RadicalMedia, che era stato contattato da Lisa, l’unica figlia della Simone nata dal suo matrimonio con l’ex poliziotto Andy Stroud ( e produttrice esecutiva del film, ndr). Mano a mano che entravo in contatto con chi l’aveva conosciuta, ho iniziato a vedere Nina sempre di più come una pietra preziosa ricca di mille sfaccettature. Mi sono addentrata sempre di più nel suo mondo, fino ad arrivare a scoprire la bambina-prodigio cresciuta sotto la tutela delle donne bianche nel sistema razziale dell’America del Sud, tagliata fuori dalla vita sociale normale, in un modo destinato a lasciare il segno su tutto il resto della sua vita. Volevo che il film raccontasse tutte queste cose, ma come riuscirci in soli 100 minuti?’

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‘La risposta, per me, è stata iniziare a partire dalla sua voce’, continua la regista. ‘Così, insieme con la squadra di produttori, abbiamo cominciato a setacciare il terreno alla ricerca di tutte quegli indizi che raccontavano la storia di Nina. Interviste radiofoniche e televisive, interviste dal backstage, diari, lettere, appunti lasciati alle spalle…Ad un certo punto, nel mese di ottobre 2013, mi sono chiesta: chissà se Stephen Cleary (autore insieme a Nina dell’autobiografia I Put a Spell on You, ndr) aveva registrato le sue conversazioni con lei? Aveva ancora quei nastri? Difficile da sapere, ma se c’erano, si trovavano nella casa di Cleary in Francia, nei Pirenei, dove non sarebbe tornato per diverse settimane. Al suo ritorno, le mie mail continuarono a restare senza risposta, fino a quando, finalmente, il giorno di Capodanno del 2014, ricevo una email da lui con oggetto ‘Happy New Year’: aveva trovato i nastri -25 ore e mezzo di Nina che parlava della sua vita.

https://youtu.be/moOQXZxriKY

Questo primo risultato ci rese ancora più determinati. Su Nina avevano scritto alcuni studenti dell’Università del Nebraska alla fine del 1960, quindi ho chiesto anche a loro se avevano conservato i nastri. E poi, naturalmente, mi sono messa alla ricerca di materiali video, ed abbiamo ri-masterizzato la pellicola di un film girato al Village Gate di New York durante la contestazione studentesca nel ’68, con lo scopo di visualizzare ogni fotogramma di Nina di
quel periodo. Siamo andati a trovare un suo amico in Svizzera che custodiva tutte le loro foto in una capanna nel bosco a poche ore da Zurigo. Abbiamo trovato le interviste inedite realizzate con il suo ultimo marito per un progetto di documentario che poi però si è fermato. Non è stato un lavoro tutto rose e fiori, abbiamo trovato tante difficoltà lungo la via, soprattutto l’incendio che aveva distrutto la pellicola del film del ’68. Ma posso dire con una certa sicurezza che non abbiamo lasciato nulla di intentato, ed è stato come una grande caccia al tesoro che copre 40 anni di materiale.

‘La stella luminosa di Nina Simone era destinata a cambiare per sempre il panorama musicale, tuttavia secondo me non ha mai pienamente ottenuto il suo giusto riconoscimento’, conclude Liz Garbus. ‘Fino alla fine Nina Simone ha lottato contro i cosiddetti demoni che la stregavano sia in privato che nel sociale, e la sua vita rappresenta tutto il retaggio del razzismo in America, ma al tempo stesso è anche l’esempio dell’influenza che una persona esercita quando decide di scendere in campo anche contro i pregiudizi più forti e radicati.