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Robert Plant & Saving Grace Ft. Suzi Dian @Auditorium di Portorose, 24.8.2023

Testo e foto di Matteo Trevisini

Gruppetti di giovani lasciano la spiaggia di Portorose mentre il tramonto comincia a colorare di arancione il mare della baia: il vociare poliglotta dell’amena località turistica slovena si sparge tra i lounge bar della passeggiata lungomare mentre i camerieri passano con i vassoi ricolmi di bicchieri colorati muniti da ombrellini e cannucce e con in mezzo gli inconfondibili boccaloni di birra Laško ghiacciata. 

Dagli speakers installati sotto gli ombrelloni che tentano di regalare un po’ d’ombra ai divanetti esce della musica latinoamericana di dubbia qualità ma di facile presa sulle masse svestite e ciondolanti con gli infradito sporchi ancora di sabbia… solo a pochi metri di distanza, dall’altra parte della strada in un piccolo slargo circondato dalle aiuole, si ferma un’auto blu di grossa cilindrata con i vetri scuri da cui ne esce la figura inconfondibile del ‘ei fu’ dio biondo del rock…la voce del ‘martello degli dei’ umanizzato dalle rughe e dal troppo tempo ormai passato dai gloriosi tempi della mitologia rock che egli stesso ha forgiato a fine anni ’60. Il sorriso però che regala ai fans insieme a qualche selfie e a qualche autografo è quello, inconfondibile e sornione…se quegli occhi potessero parlare ne racconterebbero di storie!

Una volta, parecchi anni fa, un altro colosso dalle corde vocali di adamantio che risponde al nome di Ian Gillan, storico vocalist dei Deep Purple, l’altra pietra angolare dell’hard rock inglese, alla domanda da parte di un giornalista sul perché loro, artisti di successo, continuassero imperterriti, decennio dopo decennio, a portare sul palco le stesse canzoni di quarant’anni prima egli rispose a tono in modo molto onesto, ricordando allo scribacchino che non era proprio una questione di soldi —-visto che il suo culo ne era pieno, e così quello delle prossime generazioni del suo albero genealogico–, ma gli disse che semplicemente era quello che sapeva fare, e lo faceva dalla tenera età di sedici anni e quindi, cosa doveva fare? …rinchiudersi in una delle sue ville nella campagna inglese ad aspettare la morte ricordando i bei tempi andati??? …finché ci sarà un’arena piena di fans dei Deep Purple e la voce terrà decentemente lui sarà sopra ad un palco ad accontentarli. 

Nobile considerazione a cui però il qui presente Robert Plant ha sempre rifiutato di essere accostato, pensando alla sua evoluzione artistica come un percorso senza mai una strada conosciuta o già battuta, e questo fin da quel tragico 25 settembre del 1980 in cui il suo amico fraterno Bonzo Bonham lasciò questa valle di lacrime ritornando anzitempo nel Valhalla, facendo precipitare il dirigibile di piombo definitivamente nelle nebbie del passato.

Fin dai suoi primi album solista si volle discostare dalla musica dei Zep cercando altri percorsi, magari alcuni non propriamente riusciti ma comunque sempre non uguali al progetto precedente, toccando tutto lo spettro di quelle che sono stati i primi amori del Plant giovincello, ovvero il folk, il blues del Delta e la musica popolare mediorientale.

Anche dopo l’ormai storico concerto evento tenuto alla O2 Arena di Londra in cui i tre rimanenti supereroi si ritrovarono a nome Led Zeppelin per un’unica magica serata , il 10 dicembre 2007, in memoria di Ahmet Ertegün, il fondatore della mitica Atlantic Records. 

In quell’occasione Jones, Plant, e Page e con dietro alle pelli il figlio di Bonzo, Jason Bonham, hanno toccato con mano l’hype immenso creato da un evento simile generando una richiesta per i soli 21.000 posti del palazzetto londinese, -che i promoter hanno definito senza precedenti-, con una richiesta finale di oltre 20 milioni di biglietti!!!!!! La reunion andò bene e la band non sfigurò sul palco, pur con tutti gli inevitabili limiti dovuti al passare del tempo.

Le voci di un imminente tour mondiale furono quindi inevitabili spinto con entusiasmo anche dagli stessi Jason Bonham insieme a Page e Jones, ma castrato sul nascere da Mr. Robert Plant, che confermò che quel concerto era stato una one night only e che non sarebbe andato in tour né avrebbe registrato nuovi brani con i Led Zeppelin, preferendo invece andarsi a prendere enormi soddisfazioni grazie alla collaborazione con la cantante Alison Krauss.

Il tour europeo che inizia stasera è una nuova collaborazione di Robert con una voce femminile ed il pubblico presente nello splendido Auditorium di Portorose, nascosto nel verde della collina che sale i tornanti della strada principale (…ma perché diavolo Trieste non può avere un posto così per fare i suoi dannati concerti, perché????).

È tutto esaurito e quindi ci sono poco più di 2000 spettatori, il palco è già pronto e alle otto e mezza puntuali si spengono le luci ed i musicisti entrano sul palco…dietro a loro si staglia l’ombra inconfondibile di Robert che viene stavolta accompagnato dalla brava e dolce Suzi Dian come sua alter ego vocale con l’aiuto della band Saving Grace formata da Oli Jefferson alla batteria, Tony Kelsey al mandolino e chitarre acustiche e Matt Worley al banjo,

Vistisi e piaciutisi all’inizio del 2019, Robert e la band hanno iniziato ad annusarsi in piccoli locali in terra d’Albione e poi con alcune date di supporto ai Fairport Convention. Questi concerti ristretti hanno regalato ai fortunati un repertorio di canzoni che coprono tutto il caleidoscopio delle influenze giovanili di Plant, in particolare la sua eterna passione per il folk, nata quando cantava nelle innumerevoli cover band nei fumosi pub di West Bronwich e dintorni, quando lo mescolava già sapientemente con gli spiritual e il blues tradizionale, tra cui un numero di amati standard dei grandi classici.

Infatti lo show si apre in modo soffuso con ‘Gospel Plow’, un vecchio traditional per poi passare alla cover dei Moby Grape ‘It’s a Beautiful Day Today’ ed un’altra cover, stavolta dei Low, ‘Everybody’s Song’… Robert si rivolge al pubblico rilassato ed in vena di raccontare storie.

Ricorda che questa è la prima data dell’anno per loro e, tra una canzone e l’altra, racconta della scelta di ogni canzone: l’atmosfera è vellutata e quasi rarefatta, il pubblico ascolta in silenzio per poi partire in lunghissimi applausi. Ogni tanto sarebbe quasi una goduria avere in mano una bella fionda e tirare senza pietà a quei babbei bifolchi che tra il pubblico urlano maleducatamente ‘Whole Lotta Love’ oppure ‘Stairway to Heaven’, mentre Robert Plant sul palco sorride ignorandoli e preferendo rivangare gemme seminascoste della musica popolare, del folk e del blues che lo hanno fatto crescere creando anche la genesi dei Led Zeppelin.

‘Satan, Your Kingdom Must Come Down’, dal bel disco solista ‘Dreamland’ d’inizio secolo, per poi la prima gemma tratta dal musichiere del dirigibile con ‘In My Time of Dying’, un’altra cover ‘Too Far From You’ e altre vecchie canzoni popolari come ‘The Cuckoo’, prima della ballata ‘Down to the Sea’ dei primi anni ’90.

La voce di Robert si amalgama alla perfezione con quella di Suzi, creando dei fitti giochi vocali ricchi di pathos, dimostrando al pubblico in visibilio che a 75 anni si può avere ancora una voce trascinante e profonda anche se non potente come una volta… L’auditorium vibra di goduria quando partono le note di ‘The Rain Song’ degli Zeppelin e si continua con la loro ‘Four Sticks’ prima di una bella cover di ‘Chevrolet’ firmata Ed & Lonnie Young, ed una dei Los Lobos, ‘Angel Dance’… la band giustamente riceve gli applausi che si merita! Veramente un concerto emozionante. Il set si conclude con la mitica ‘Gallows Pole’ da ‘Led Zeppelin III’ …da paura!!!

La band saluta e va dietro le scene, si accendono le luci, il pubblico si alza e passano un cinque minuti abbondanti tanto che molti escono proprio in strada…ma a sorpresa, tra lo stupore generale e a luci aperte, riesce in fila indiana tutta la band mettendosi a bordo palco in circolo e cantando a cappella ‘And We Bid You Goodnight’, un vecchio traditional per salutare definitivamente il pubblico di questa sera. Adesso sì che è finita, e sembra di risvegliarsi da un sogno catartico. E dove dovreste stare voi vecchietti…a casa a cazzeggiare???? Su, su, muovete il culo su e giù dal palco finché dio ve lo permette! Amen!