In un’anonima serata autunnale fatta di grigiore, umidità e poi perfino di una bella pioggia fitta e regolare può capitare che al Tetris di Trieste passino due band di caratura mondiale nell’underground hard/stoner/retro come i californiani Fatso Jetson e gli svedesi Greenleaf in tour insieme attraverso l’Europa. Tetris ha pensato bene di regalare una chicca ai fans organizzando nel solito loro modo inappuntabile l’unica data italiana dell’appetitoso tour.
Inserito come primo appuntamento stagionale delle sempre più amate Psyched Stone Nights in collaborazione con Rocket Panda Management, l’evento (…perché di evento vero e proprio si tratta!) ha avuto il suo doveroso successo di pubblico con un sold out registrato già a metà giornata. I fortunati possessori del ticket d’ingresso sono stati accompagnati nell’antro scuro del Tetris dove alle dieci in punto i californiani Fatso Jetson sono saliti sul palco cominciando fin da subito a fumigare per benino i presenti con il loro desert rock psichedelico. Veri e propri padrini della scena stoner di Palm Springs, sono nati ad inizio anni ’90 in quel calderone stordito che ha generato delle eccellenze del genere come Queens of the Stone Age e Kyuss.
‘Magma’, ‘Salt Chunk Mary’s, Wire’, ‘Wheels and Robot’, la band di Mario Lalli, ormai diventata da tempo ‘cosa di famiglia’, viaggia come un treno tra brani datati e canzoni nuove di zecca tratte dal nuovo album ‘Idle Hands’. Dino Lalli dimostra che può a pieno titolo stare al fianco del padre, mentre il grande drummer Tony Tornay ci dà giù come un fabbro. Da ‘Too Many Skulls’ a ‘Nervous Eaters’, da ‘Portuguese Dream’ a ‘Flesh Trap’, la band chiude il set tra gli applausi dopo uno show che ha superato le aspettative anche di chi già li conosceva e li amava da anni. Colossi!!!
Altro giro, altra corsa con gli svedesi Greenleaf, la creatura del mastodontico (…in tutti i sensi!!!) chitarrista Tommi Holappa, nati ad inizio millennio solo come side project dei suoi Dozer ed ormai diventati uno degli act più interessanti, grazie soprattutto agli ultimi due album marchiati a fuoco dal nuovo singer Arvid Jonsson che ha portato sicurezza e personalità alla band scandinava: prima con lo splendido ‘Trails & Passes’ di un paio di anni fa, e adesso con l’ultimo ‘Rise Above The Meadow’.
…ed anche a Trieste le sfuriate heavy psych al sapore seventies di pezzi muscolosi come ‘A Million Fireflies’, ‘Funeral Pyre’ e la lunga e sinuosa ‘Howl’ schiaffeggiano i fans, estasiati dalla carica del barbuto Arvid Jonsson che comanda il palco con sicurezza e carisma. Con i piccoli grandi classici del precedente disco come ‘Our Mother Ash’, ‘Trails & Passes’ e ‘Ocean Deep’ si raggiunge lo zenith della serata in un Tetris a cui manca l’aria, ed il calore ha raggiunto picchi vertiginosi.
Il drummer Sebastian Olsson e il neo entrato Hans Fröhlich al basso danno sicurezza alla sezione ritmica, facendo denotare un’alchimia che i Greenleaf hanno trovato con questa nuova line-up e che gli ha fatto fare il cosiddetto passo in avanti verso la serie A del genere.
Parte in questi giorni il tour dei thrasher californiani Mindwars, band in cui milita lo storico chitarrista ex Holy Terror Mike Alvord.
Abbiamo rivolto alcune domande a Roby Vitari, batterista e fondatore della band, in preparazione del concerto che li vedrà suonare sabato 29 ottobre al New Life Rock Bar di Trieste, ad ingresso gratuito. La serata, che è organizzata da Planet K Records, vede in apertura i Black Pope e i dark metallers Hadal, qui sotto il link all’evento:
Ciao, questo è il primo tour in Europa per i Mindwars, inoltre parte da Torino che è anche la vostra ‘base’: come ti senti? Ciao, grazie infinite per l’interesse e il supporto! Sì, venerdì suoneremo come Mindwars per la prima volta a Torino… fighissimo! Dopo due dischi e due mini tour americani, e il terzo in preparazione, finalmente suoniamo in casa! Suoneremo al Border Club, punto di riferimento per gli amanti del rock e del metal, un piccolo club ma con un giro molto potente. Suoneremo con Exctinction e Feary Tales,due attivissime band locali molto diverse tra loro ma sicuramente validissime.
Parliamo dell’album ‘Sworn to Secrecy’, come si è sviluppato? Il disco è nato a metà 2016, relativamente a breve distanza da ‘The Enemy Within’, e la sua ‘gestazione’ è stata abbastanza rapida e naturale nonostante vivessimo in due continenti diversi. Le fasi di pre-produzione, registrazione e missaggio, si sono protratte fino a dicembre 2015. Il disco ha visto la luce in aprile tramite la nostra etichetta Punishment 18 Records.
L’artwork di copertina è molto forte, puoi dirci che cosa rappresenta esattamente? L’artista che ha curato l’artwork è lo stesso che si è occupato del nostro primo album, Mario Lopez, che è un attivissimo disegnatore di decine di bellissime copertine metal.Tra i due album esiste un filo conduttore, il protagonista è il medesimo in entrambe le copertine, ovvero Wally, la nostra mascotte, che da vittima di un mondo digitale e informatizzato (The Enemy Within), finisce per confrontarsi con la corruzione più profonda che è presente nell’animo umano (Sworn To Secrecy).
Quali sono le differenze principali tra questo lavoro ed il vostro primo album? A mio avviso ‘Sworn To Secrecy’ risulta più immediato, furioso e ‘sporco’, infatti non è stato fatto nessun tipo di editing rispetto a ‘The Enemy Within’, che invece è più ‘lavorato’ e appare forse più variegato nella proposta musicale. La perfezione, ovviamente arriverà con il disco #3. (sorride, nda).
‘Sworn To Secrecy’ è stato missato e masterizzato da Bill Metoyer degli Skull Seven Studios di Los Angeles, com’è stata l’esperienza? Bill è una grande persona e un bravissimo produttore. Abbiamo lavorato virtualmente al suo fianco in tutte le fasi di missaggio e mastering. E’ stato paziente, disponibile e super professionale in tutte le fasi di lavorazione.
Il tuo primo incontro con Mike Alvord risale a parecchio tempo fa, che cosa ci puoi raccontare di quel momento? Correva l’anno 1989 e io, che abitavo ancora a Cosenza, per poter andare ai concerti a Milano o Torino dovevo spostarmi percorrendo per notti e giorni interi in treno la penisola… Ai tempi, lavoravo per una radio privata di Cosenza e avevo la possibilità di intervistare le band grazie ai pass riservati agli addetti ai lavori. Il concerto in questione fu Nuclear Assault, Exodus e Holy Terror a Milano, e nel backstage, tra i vari membri dei gruppi, ho trovato molta affinità con Mike che in quell’occasione mi rivelò che i suoi nonni erano anch’essi originari della Calabria. Coincidenza fatale!
Poi è passato del tempo prima di ritrovarvi, nel frattempo che cosa è successo che ti ha portato in direzione Mindwars? Più o meno venticinque anni dopo quel concerto del 1989, Mike ed io ci siamo ritrovati grazie a Facebook e da lì è stato tutto abbastanza naturale. Anche se lui aveva smesso di suonare dopo lo split degli Holy Terror, teneva dei riff da parte che sarebbero dovuti finire in un ipotetico terzo disco degli HT, che purtroppo non ha mai visto la luce. Gli chiesi di mandarmeli e già dopo qualche giorno avevo preparato le parti di batteria abbozzate -ho uno studio di registrazione a Torino per cui il processo è stato molto fluido, lui ne fu entusiasta e così è iniziata l’avventura Mindwars. Da lì a poco reclutammo l’ottimo Danny “Z” Pizzi al basso.
All’inizio dell’anno invece c’è stata la tournée negli Stati Uniti, com’è andata? In USA abbiamo già fatto due mini-tour, il primo nel 2014 e il secondo quest’anno, suonando anche in un importante festival di Los Angeles con Exciter, Atrophy, Merciless Death, Fueled By Fire, Warbringer ed altre band. Le locations, ad eccezione dei festival, erano club medio piccoli con un discreto afflusso di pubblico. Purtroppo viviamo un momento storico in cui la musica dal vivo non è considerata una priorità, un po’ dappertutto.. questo però non può che darci lo stimolo di continuare con tutta la passione che abbiamo da sempre per la nostra musica.
Prima dei Mindwars vieni da esperienze con band diverse, quale di queste è quella a cui oggi ti senti più legato e perché? Credo che la mia prima band in assoluto possa essere considerato il primo amore, gli Headcrasher, ma ho vissuto dei momenti splendidi con tutte le realtà con cui mi sono confrontato, in ambito metal ed anche ‘meno metal’ hehe. The Art Of Zapping, NIA Punx, Jester Beast, Hollywood Killerz, Kutfaces, Nefertari, This Evol Taste, LA Cosa, MCN, Creepin’ Death, e ora Mindwars sono e sono stati motivi di passione e trasporto emozionale immenso.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Oltre all’imminente tour europeo, con Mindwars stiamo preparando il terzo mini tour americano per l’inverno 2017 e, ovviamente, il terzo album. Io sono attualmente anche in forze con gli storici amici Creepin’ Death di Torino con i quali faremo un concerto/evento di reunion organizzato da Carlo Ortolano della gloriosa Dracma Records di Torino per il 3 dicembre. Sarà una grande Festa!!!
Grazie per questa chiacchierata, ci vediamo sabato a Trieste! Grazie infinite a te e a tutti i lettori di Freezine! STAY THRASH!!!
I Beat on Rotten Woods sono una band, anzi molto di più, sono un duo che ormai in sede live ha fatto già parecchia esperienza in giro (…aprendo anche per Bob Log III al Teatro Miela di Trieste). Sono nati da un’idea, alquanto originale, dalla fervida mente di Mace, singer di razza nonché abile prestigiatore ritmico con la beatbox e di Rob, colui che si occupa delle chitarre e delle backing vocals. Alla base del progetto è personalizzare al massimo un filone musicale che è sempre stato proposto da band più numerose e con i classici strumenti rock… Loro, invece, in un genere saturo di band che a livello underground scalpitano per un posto al sole, si presentano con i grassi suoni di chitarra di Rob mentre Mace, oltre che a cantare, si occupa del beatboxing. Il beatbox consiste nel riprodurre tutti i suoni di una batteria, o comunque di altri strumenti ritmici, attraverso l’utilizzo della bocca e della voce grazie all’uso di una loopstation.
Dal loro esordio nel 2004, gli stoner svedesi Deville si sono esibiti in lungo e in largo per l’Europa e gli Stati Uniti, macinando migliaia di chilometri e raccogliendo sempre più consensi. In questo periodo sono in Italia per promuovere ‘Make It Belong To Us’, il loro terzo album uscito con la label svedese Fuzzorama Records.
Partito la scorsa settimana dal Lo-Fi di Milano, il tour italiano dei Deville prevede dieci date, di cui l’ultima a Trieste dove suoneranno al New Life Rock bar domenica 6 novembre. Ad aprire la serata saranno i Them Bulls, tra le band di punta della nuova scena desert rock made in Italy. Qui sotto il link all’evento: https://www.facebook.com/events/310552052652131/
Arrivano dalla Slesia, terra di confine dal clima rigido e paesaggi di grigie acciaierie, dove nell’arco di pochi km si concentrano ben tre nazioni: Germania, Polonia e Repubblica Ceca. Loro sono i Gallileous, band di culto nel circuito underground, considerati veri e propri pionieri del doom nei primi anni ’90, e domenica 16 ottobre saranno live per la prima volta a Trieste in occasione del Stone Ranch Festival.Continua la lettura di Stone Ranch Festival #8 Gallileous→
Manca solo una settimana, ma è già ‘febbre’ per l’attesa di ‘Like An Arrow’, quinto album in studio dei Blackberry Smoke in uscita il 14 ottobre. Di questo nuovo lavoro, che arriva dopo poco più di un anno da ‘Holding All The Roses’, sono già disponibili i singoli ‘Waiting for Thunder’ e ‘Let It Burn’.
‘Like An Arrow’ è autoprodotto dal quintetto di Atlanta -Charlie Starr (voce, chitarra), Richard Turner (basso), Brit Turner (batteria), Paul Jackson (chitarra) and Brandon Still (tastiere), contiene in tutto dodici tracce ed esce via Earache Records.