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The Dead Daisies -Intervista a Doug Aldrich

Alla vigilia del tour in partenza venerdì 3 giugno da Amburgo, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il mitico Doug Aldrich dei The Dead Daisies! Proprio in questi giorni la band sta scaldando i motori nella città anseatica per tornare più carichi che mai sui palchi di festival come il Graspop (Belgio), l’Hellfest e il God Save The Kouign Fest (Francia), il Masters Of Rock Festival (Repubblica Ceca) e il Time To Rock Festival (Svezia), oltre ad una serie di show da headliner, tra cui il 3 luglio al Castello di San Giusto a Trieste….Don’t miss it!

Ciao Doug, e benvenuto su Freezine! Come stai, pronto per il tour? Direi molto bene, adesso stiamo provando! Non vediamo l’ora di suonare i pezzi di ‘Holy Grounds’ (uscito nel 2021, nda) che da queste parti la gente non ha ancora avuto modo di sentire dal vivo. In più abbiamo appena finito il nuovo album, quindi direi che tutto procede!

Per la seconda volta vi siete affidati a Ben Grosse in fase di registrazione, com’è andata?
Ha un tocco inconfondibile su ogni lavoro svolto, proprio come un regista quando gira un film. Oltre ad essere un bravo produttore e musicista, è anche una gran persona. Parte con un’idea precisa in testa e poi riesce a svilupparla più di quello che faremmo noi, il che è grandioso….ci stimola, ecco.

The Dead Daisies @Revolver Club di S. Donà (VE), 10.12.2018, ph. by Sarah Gherbitz

E per quanto riguarda la scrittura dei pezzi?
Sono sempre al lavoro, quando sono alla chitarra ma anche negli altri momenti. Appena mi viene un’idea buona di solito la salvo sul mio smartphone così sono sicuro di non perderla. Poi quando torno a casa prendo la chitarra e butto giù gli accordi. Qualche volta l’ispirazione viene anche solo ascoltando una batteria, oppure da un testo di Glenn.

Praticamente due anni senza musica dal vivo, come li hai vissuti?
Perlopiù in famiglia. Direi che questo è stato l’aspetto positivo di due anni parecchio difficili, poter trascorrere più tempo con i miei cari. L’isolamento ci ha dato l’opportunità di dedicarci a questo nuovo album, che penso riserverà più di una sorpresa.

Vi siete riuniti con il batterista Brian Tichy, che cos’ha di tanto speciale?
Tommy Clufetos è il batterista più heavy con cui abbia suonato e insieme ci siamo divertiti un sacco, ma Brian è il mio preferito. Non lo dico solo perché adesso è di nuovo con noi, lo pensavo già ai tempi degli Whitesnake quando facevamo dei progetti. E’ pieno di talento, ad un livello superiore. Ha stile e groove, il che rende bene soprattutto in fase di registrazione, e quando ascolterai l’album capirai perché lo abbiamo ripreso. Comunque il ‘pilastro’ della band è David Lowy, sono il suo spirito ed il suono della sua chitarra che fanno i Dead Daisies.

Doug con David Lowy sul palco del Revolver Club di S. Donà nel 2018, ph. by Sarah Gherbitz

Siete molto attivi sui social, come li vedi?
Sono uno strumento per passare parola e promuovere la nuova musica….spero che servano per la band. Da questo punto di vista sicuramente sono utili!

Sarete in tour con Judas Priest e Whitesnake nei grandi festival ed anche location più piccole, tu cosa preferisci?
I grandi festival sono un’opportunità per raggiungere più gente…e questo va bene per i Dead Daisies perché la nostra fandom è ancora in fase di costruzione. Poi dà soddisfazione suonare in un posto grande quando è pieno! D’altra parte è anche bello vedere le facce da vicino, nei posti piccoli si crea un’intimità speciale che in un certo senso ti fa sentire più vicino alle persone…a me piacciono entrambi, e in questo tour ci saranno tutti e due.

The Dead Daisies @Revolver Club, S. Donà (VE), 10.12.2018, ph. by Sarah Gherbitz

Quali consigli daresti ad una rock band emergente? In Italia ci sono i Måneskin, li conosci?
Sì, ne ho sentito parlare ma non li conosco molto, li ascolterò. Comunque gli direi di trovare un suono originale, in modo da non confondersi con altri…differenziarsi ritengo sia la cosa più importante. Recentemente sono andato ad un concerto per sentire le Deap Vally e devo dire che sono rimasto molto colpito!

Cosa dobbiamo aspettarci dai Dead Daisies nei prossimi mesi?
Be’, intanto è appena uscito il nuovo singolo che s’intitola ‘Radiance’! E’ un pezzo diverso dal solito, qualcosa di nuovo per lanciare il prossimo album. Lo abbiamo scelto per il Metaverso, la nuova piattaforma dove stiamo per entrare! Poi saremo in tour fino alla fine dell’estate, e subito dopo uscirà l’album.

Un messaggio per i fans italiani?
Intanto spero che stiate tutti bene! Non vediamo l’ora di venire in Italia, spero che ascolterete il nostro nuovo singolo e il nuovo album, appena uscirà. Grazie mille fin da ora per tutto il supporto, per noi è davvero importante..Ciao!

Intervista: Giöbia raccontano il nuovo album ‘Plasmatic Idol’

“Il plasmatic idol è quel qualcosa che ci guida nelle nostre scelte e creazioni, ci dà l’illusione di resistere al passare del tempo e in un certo tempo plasma la realtà così come la immaginiamo o abbiamo paura essa sia…”.

A pochi giorni dall’uscita del nuovo album ‘Plasmatic Idol’, disponibile qui via Heavy Psych Sounds Records, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con i milanesi Giöbia, veterani dello space rock since 1994! Dopo il release party al Cox18 di Milano, la band sarà in tour nei club e festival delle principali città europee, tra cui venerdì 22 maggio al Metelkova di Lubiana….DON’T MISS IT!!!

Ciao e benvenuti su Freezine! Per coloro che non vi conoscono, potreste cominciare presentando la vostra attuale line up e come avete cominciato a fare musica assieme?
Abbiamo una predilezione per i suoni lisergici e abbiamo iniziato a suonare assieme a metà degli anni 90 a Milano, la nostra città. Bazu e Stefano Betta, cioè chitarra e batteria, erano compagni di scuola, poi negli anni la formazione ha avuto diversi cambi di line up fino a quella attuale con Saffo Fontana all’organo e Paolo ‘Detrji’ Basurto al basso.

Com’è nato ‘Plasmatic Idol’, c’è un concept, un filo conduttore tra i diversi brani?
Ogni brano ha una sua storia ed è stato influenzato da qualcosa, i testi raccontano vicende che non ci riguardano necessariamente in prima persona, ma si rifanno piuttosto a degli stati d’animo che sono metafora di alcuni momenti della vita che ognuno di noi può aver passato. Quello che li accomuna è una sorta di oscurità che ci portiamo dentro, con la quale conviviamo in maniera più o meno conflittuale, ma che comunque è parte di noi e ci rende quello che siamo. A volte fa male, a volte ispira.

Quali sono le maggiori differenze con il disco precedente? In quale direzione sta andando il vostro sound?
Rispetto a ‘Magnifier’, ‘Plasmatic idol’ è probabilmente più maturo e meno claustrofobico. Anche se abbiamo forti radici nei 60’s la nostra direzione è il futuro, guardiamo sempre in avanti, a qualcosa di vintage nel suono ma innovativo nelle idee.

Nell’album ci sono diverse collaborazioni…
Abbiamo registrato il disco poco fuori Milano, al Trai Studio. Le registrazioni fatte al Trai fin da subito ci sono sembrate ottime, Fabio “Trai” è stato fondamentale in tutte le fasi della realizzazione di ‘Plasmatic Idol’. Terminate le registrazioni il nostro è stato un lavoro di produzione, abbiamo cercato di dare un’identità unica a questo nuovo lavoro.
Per la finalizzazione ci siamo affidati a Brett Orrison (Spaceflight Records di Austin, Texas) che avevamo conosciuto nella data che avevamo fatto a Ferrara con i Black Angels, di cui è fonico. Brett aveva già masterizzato due brani per noi, che poi sono entrati a far parte della compilation della Fuzz Club ‘The Reverb Conspiracy’ vol. 2 e 4. Con Brett ci siamo trovati molto bene, ha capito subito le nostre intenzioni ed è stato molto disponibile e professionale.

Com’è iniziata la collaborazione con la Heavy Psych Sounds?
Avevamo conosciuto Gabriele Fiori (founder dell’etichetta, ndr) diversi anni fa. Con HPS era già uscita la terza stampa di ‘Magnifier’, abbiamo visto nascere e crescere nel tempo quest’etichetta, la creatura di Gabriele. Era arrivato il momento di fare qualcosa di più.

Quale futuro vedete oggi per la scena italiana psych-stoner, considerando la fioritura di band e festival dedicati a questo genere negli ultimi anni?
Solitamente quando in Italia esplode qualcosa vuol dire che siamo vicini alla sua fine. L’Italia negli ultimi anni è riuscita a far emergere dall’underground band ottime e tutte dal suono estremamente diverso tra loro ed originale. Quello che a noi importa è che ci siano sempre stimoli nuovi e band interessanti con le quali confrontarci e prendere spunti.

Com è oggi il vostro rapporto con la scena underground milanese?c’è fermento, partecipate a manifestazioni, concerti etc?
Fortunatamente abbiamo molti appassionati che vanno ai concerti, comprano dischi, dei veri e propri invasati che noi amiamo. Diciamo che c’è fermento, quello che manca rispetto a qualche anno fa sono i locali adeguati che possano ospitare concerti di musica underground.

Per chi non conosce il suo significato, potete spiegare che cosa significa ‘giöbia’ e perché avete deciso di chiamarvi così?
La Giöbia è un fantoccio della cultura popolare lombarda che viene bruciato l’ultimo giovedì di gennaio come rito propiziatorio. Questo fantoccio dalle sembianze umane è la nostra strega protettrice.

Vi aspetta anche il tour, come vi sentite? Quanto conta per voi il live?
Non vediamo l’ora di ricreare uno spettacolo nuovo, siamo molto eccitati, per questo ci vorrà del tempo per trovare l’equilibrio giusto.Solitamente il live e la realizzazione di un album sono due processi molto differenti. Difficile dire a quale siamo più legati, entrambe le cose sono fondamentali.

C’è qualcosa che volete aggiungere?
Molte persone venerano idoli in carne ed ossa, altri credono in idoli che appartengono a dimensioni più immateriali in nome dei quali sono pronti a sacrificare tutto…questo ci dà l’illusione che ci sia un senso in ciò che accade e in ciò che facciamo, che ci sia un disegno dietro, un filo conduttore…Il ‘plasmatic idol’ è quel qualcosa che ci guida nelle nostre scelte e creazioni, ci dà l’illusione di resistere al passare del tempo e in un certo tempo plasma la realtà così come la immaginiamo o abbiamo paura essa sia…in questo senso può essere considerato il filo conduttore tra spaccati e atmosfere così diverse nelle canzoni nell’album.

YEAH: portare la musica indie nel Porto Vecchio di Trieste

Tra le novità  del cartellone di Trieste Estate, quest’anno ha fatto il suo debutto YEAH, rassegna di concerti che ha portato nel Porto Vecchio alcune tra le più interessanti band della scena indie internazionale. Abbiamo chiesto a Marco Valvassori, direttore artistico della manifestazione, di raccontarci com’è nata quest’iniziativa ed i suoi futuri sviluppi.

YEAH, che sta per Young European Artists Hub, è nato ufficialmente lo scorso marzo con il live del pianista e compositore sloveno Bowrain alla Casa della Musica di Trieste’, spiega Marco.

‘Il progetto unisce una serie di realtà già attive da anni nel campo dell’organizzazione di eventi musicali: Valva Booking & Promotion, Associazione Projec_TS e l’Associazione Musicale Jambo Gabri‘.

‘L’intento è quello di aprire la città alla miglior musica indipendente europea e fare da ponte con i vicini Balcani, senza distinzione di generi’, continua Marco. Quello che prediligiamo è la freschezza della proposta ed un approccio professionale alla musica. Per la scelta dei gruppi seguiamo attivamente i festival che si svolgono in giro per l’Europa, ce ne sono molti che si occupano di musica emergente, chiamati showcase festival, come ad esempio il MENT di Lubiana o il Waves di Vienna’.

‘Prima dei tre appuntamenti open air nel piazzale della Centrale Idrodinamica ce ne sono stati altri due nella sala conferenze del Magazzino 26, in Porto Vecchio. Ospiti in quelle occasioni la band croata post rock/shoegaze ŽEN e il duo electro/jazz /soul Technoir. Per i tre appuntamenti inseriti nel cartellone di Trieste Estate abbiamo proposto tre gruppi, di generi diversi, provenienti da Slovenia, Milano e Svizzera. Precisamente i Koala Voice, giovanissima band slovena che spazia tra sonorità indie ed il rock/pop anni ’70, con due dischi all’attivo e già più di cento concerti alle spalle -inclusi festival internazionali come Eurosonic, Liverpool Sound City, Wild Mint a Mosca e Tallinn Music Week- che a Trieste hanno presentato il loro nuovissimo album ‘Wolkenfabrik’.

La serata conclusiva di YEAH festival, (C) Claudia Bouvier Caldéron

‘Poi i Pashmak, il cui sound si muove tra elettronica, art-rock, indie e folk, cosparso da influenze eterogenee così come l’origine degli stessi componenti della band: c’è chi ha discendenze iraniane come
il cantante Damon Arabsolgar, chi statunitensi (Giuliano Pascoe), chi più semplicemente siciliane (Martin Nicastro) e lucane (Antonio Polidoro)’.

Gran finale con Peter Kernel, duo post punk dalla Svizzera che lo scorso 3 agosto ha chiuso in bellezza la rassegna. Le serate, tutte ad ingresso libero, hanno visto in apertura alcuni tra i gruppi locali più promettenti (J_A_N, Bill Lee Curtis ed Ask Her Out) ‘in linea con la nostra idea’, sottolinea Marco, ‘di scambio e crescita reciproca’.

Ma com’è stata la risposta da parte del pubblico? ‘Molto promettentecon un aumento esponenziale di serata in serata. Decisamente entusiasmante se si pensa che si tratta di un’area ancora tutta da scoprire e sfruttare, una dimostrazione ulteriore che la qualità e l’impegno pagano. ll Porto Vecchio’,aggiunge, ‘ha senz’altro delle potenzialità strabilianti, si potrebbe migliorare la connessione con il resto della città, forse con dei servizi navetta appositi’.

Quest’anno l’antico scalo triestino ha ospitato diversi spettacoli anche di danza e teatro: che qualcosa si stia finalmente muovendo? Il Porto Vecchio continuerà ad ospitare musica live?
‘Assolutamente sì, e sono sicuro succederà. Nel nostro piccolo faremo il possibile per continuare a portare la miglior musica indipendente da Europa e oltre’.

«Con Steven Tyler ci divertiremo un sacco»: intervista a The Loving Mary Band

Abbiamo intervistato Sarah Tomek, la 36enne batterista scelta da tante star del rock made in USA (Maggie Rose, Bon Jovi, Bebe Buell, Lance Larson, Gretchen Wilson), che quest’estate sarà in tour con Steven Tyler e la Loving Mary Band per tre date in Italia:
18 luglio @Trieste, Piazza Unità
24 luglio @Barolo, Collisioni Festival, Piazza Colbert
27 luglio @Roma, Auditorium Parco della Musica

Del suo stile hanno scritto che è come ‘un mix esplosivo tra la forza di John Bonham dei Led Zeppelin e la precisione di Keith Carlock’. Nata nel New Jersey, si può ben dire che Sarah la musica ce l’ha scritta nel sangue. Inizia a picchiare sulla batteria da bambina seguendo le orme del padre, Joe ‘Bop’ Tomek, batterista molto attivo della scena newyorkese anni ’70 (Mushroom, LipMan and the Lips, Rogues on the Run).

F: Ciao e benvenuta su Freezine! Come va?
ST: Molto bene, grazie!

F: Com’è lavorare con la Loving Mary Band? E come sei entrata in contatto con loro?
ST: Ho conosciuto Marti (Frederiksen, chitarrista, autore e producer per Aerosmith, Mötley Crüe, Buckcherry nda) in un pub di Nashville mentre stavo suonando ‘Lord Of The Thighs’, un vecchio pezzo degli Aerosmith. La cosa buffa è che in quello stesso periodo registravo nel suo studio e non lo avevo mai incontrato!’

‘Dopo avermi sentito suonare mi ha detto che gli piaceva il mio stile’ continua Sarah, ‘e così è cominciato tutto! La Loving Mary Band ha un dono eccezionale, cioè la capacità di riuscire a suonare adattandosi a contesti anche molto diversi tra loro…sia che si tratti di un matrimonio, di un festival oppure insieme a Steven Tyler!’

Sarah comincia a suonare live prestissimo nei club di Asbury Park, soprattutto allo Stone Pony …sì, proprio quello di Bruce Springsteen! La sua prima band ‘seria’ sono stati i Days Awake e il suo primo tour importante con le Lez Zeppelin, tribute band tutta al femminile. 

La svolta arriva però nel 2012 quando Sarah decide di trasferirsi a Nashville, la capitale del country, dove inizia a lavorare con tanti artisti della scena locale. Tra questi c’è anche la Loving Mary Band…il resto è già storia!

F: Com’è stato all’inizio l’impatto con Nashville?
ST: ‘E’ stata dura. Trasferirmi da sola in un posto nuovo senza conoscere nessuno…ma sapevo che questo era l’unico modo per poter suonare full time, cosa che invece non sarebbe successa se fossi rimasta nel New Jersey, e lo stesso discorso vale per New York. Lì lavoravo dalle 9 alle 5, poi la sera suonando finivo spesso alle 3-4 del mattino, per poi dover tornare al lavoro alle 9 la mattina successiva…massacrante! Quindi quando è arrivata l’occasione giusta sono saltata sull’autobus per Nashville ed ho fatto 181 concerti in 9 mesi’.

F: Oltre alla Loving Mary Band, con quali altri artisti stai lavorando?
ST: ‘Con i Them Vibes, un’altra band di Nashville e abbiamo appena fatto un album con Maggie Rose! Maggie è un’artista molto popolare di pezzi country e pop, ed ora con la nuova collaborazione ci sono ulteriori novità! In studio eravamo in 12, tutti nella stessa stanza, abbiamo registrato tutto in presa diretta, nessuna aggiunta’.

‘Con quest’album ci siamo presi un bel rischio’, spiega Sarah,’ ed il risultato è davvero coraggioso, soprattutto nei confronti dell’ambiente musicale di Nashville, che è diventato fin troppo saturo e ‘fighetto’! Abbiamo finito di registrare in marzo, e con i Them Vibes ci sono altre date in programma per l’autunno. C’è uno scambio continuo tra i componenti che suonano in entrambe le band, ormai siamo come una grande famiglia! Vorrei che la collaborazione con Maggie Rose continuasse, credo che abbiamo ancora molto da dare insieme! Fare il disco è stata fantastico, ed anche suonare live…senza dimenticare che i Them Vibes hanno anche un cantante carino! (Larry Florman, con cui Sarah si è sposata, nda).

Sarah durante un concerto con Steven Tyler

F: Non ci sono dubbi, suonare con Steven Tyler è un sogno per molti musicisti. Che cosa si prova a condividere il palco con lui?
ST: ‘Condividere…? E’ Steven che domina il palco! Sono sua fan da sempre, e riuscire a suonare con un personaggio che ho sempre ammirato è la cosa migliore che potesse capitarmi…qualche volta mi faccio invidia da sola!’

F: Quest’estate arriverete anche in Italia, come la vivi?
ST: ‘Non vedo l’ora, è la prima volta in Italia per me! I tour con Steven sono fantastici perché a lui piace andare in giro ad esplorare…so già che vedremo un sacco di posti e mangeremo tantissimo!’

Animal Drive, Dino Jelusic: ‘Già al lavoro sul secondo album’

Ormai lanciatissimi nel firmamento delle superstar dell’hard rock internazionale, gli Animal Drive si sono formati nel 2012 a Zagabria sotto la spinta del frontman Dino Jelusic, classe 1992, talentuoso singer le cui doti canore hanno convinto anche Sua Maestà Jeff Scott Soto (Yngwie Malmsteen, Talisman, Journey) che, dopo averlo scoperto durante un tour con la Trans-Siberian Orchestra, ha deciso di proporre alcuni suoi brani alla Frontiers Music…il resto è già storia!

Abbiamo rivolto qualche domanda a Dino alla vigilia del concerto che li vedrà live sabato 14 luglio al Rock Camp di Trieste  -ingresso gratuito.

F: Ciao Dino! Intanto benvenuto su Freezine, come va?

DJ: Hey, ciao, qui tutto bene!

F: Manca poco al Rock Camp, come vi sentite?

DJ: Ci sono già stato due anni fa con la mia band dell’epoca, ci chiamavamo Dino & The Mad Dogs. E’ stato figo, quindi non vedo l’ora di tornare!

F: Due anni dove sono successe tante cose! Potresti cominciare raccontandoci qual è la ora la vostra attuale line up e come avete cominciato a fare musica assieme?

DJ: Ho conosciuto Keller nel 2010, ci trovavamo per provare in una cantina. Mai avrei pensato che in Croazia ci fosse qualcuno in grado di suonare la chitarra come lui…con personalità, insomma con le palle! Avevo sempre in mente di chiamarlo per suonare, ma poi io sono tornato con la mia band, lui con la sua, e in pratica ci incontravamo ai rispettivi concerti. Quando è arrivato il momento di rimpiazzare il chitarrista, l’ho chiamato. Da allora non se n’è più andato, e son passati tre anni.

‘Rok, il bassista, già suonava con noi saltuariamente’, continua Dino, ‘siamo andati d’accordo fin dall’inizio, quindi l’anno scorso è entrato ufficialmente nella band. Per me è uno dei migliori bassisti attualmente in circolazione, con un sacco di carisma e il sound giusto! Alla batteria ora c’è Zvone, che insieme a me è l’unico membro originale della band. Suonava con noi dal 2011 al 2014, poi si è dovuto trasferire e così al suo posto arrivò Adrian (Boric). Ma ora è tornato, e questo mi rende davvero felice perché ci capiamo che è una meraviglia, sia sul palco ma anche al di fuori!

F: Perché avete scelto di chiamarvi Animal Drive?

DJ: Abbiamo scelto questo nome perché si accordava con il nostro sound, con i nostri brani ma anche con la nostra presenza scenica. E’ semplice, diretto, ti entra in testa appena comincia il pezzo e le luci si illuminano e noi siamo pronti a diventare delle belve…! Insomma, era senza dubbio il nome adatto!

F: Il vostro disco d’esordio ‘BITE!’ ha riscosso molto entusiasmo, ci racconti come è nato?

DJ: Avevo così tanto materiale che non sapevo cosa farci, ma per fortuna l’avevo conservato ed è proprio così che è nato ‘BITE! Il tema del disco è la vita con tutti i suoi alti e bassi: le frustrazioni, l’amore, la rabbia, il sarcasmo (‘Devil Took My Beer Again’), un pizzico di poesia sci-fi in ‘Deliver me’…e così avanti.

Animal Drive ‘BITE!’, Frontiers Records (2017)

F: Quali sono gli artisti che vi hanno influenzato durante la composizione?

DJ: Tantissimi…tutti noi siamo cresciuti ascoltando rock old school e heavy metal! Ma ci piace anche spaziare, infatti spesso mescoliamo i pezzi più heavy con qualcosa dello stile di Jessie J, questo per farti capire fino a che punto di follia possiamo arrivare…. E poi ovviamente ti dico Whitesnake, Pantera, Alice in Chains, Nevermore, Gojira, Winger, Guns N’ Roses…insomma, anche troppi!

F: Hai cominciato a cantare a soli cinque anni, partecipando a tanti concorsi e vincendo premi importanti. Ma c’è un momento preciso in cui hai capito che il rock sarebbe stato la tua vita?

DJ: Sì, ascoltando mio padre suonare i pezzi degli AC/DC. Mi sono innamorato del rock ascoltando ‘Thunderstruck’…e poi tutta la musica di mio padre mi ha influenzato tantissimo (Dario Jelusic, musicista e manager della band, nda)

F: Sei cresciuto a Zagabria, com’è lì la situazione?

DJ: Non mi piaceva, almeno fino al momento in cui ho conosciuto la scena underground inglese…E’ stato allora che ho capito che in realtà la Croazia ha una scena rock/metal/punk davvero valida. Ed è anche molto seguita….certo, si può fare meglio, ma al momento la situazione non è male!

F: Com’è l’esperienza con la Frontiers?

DJ: Alla grande, gli sono grato per la fiducia che mi hanno dato e sono sicuro che anche loro sono contenti, per il disco e soprattutto per l’accoglienza che sta ricevendo. E siamo già al lavoro sul secondo album! 

F: Prossimi progetti?

DJ: Abbiamo un sacco di offerte, chiacchiere, opportunità ma al momento non c’è ancora nulla di definito…Comunque, ora questa band è sicuramente la nostra priorità!

Welcome Coffee: intervista alla band in concerto al Full Gass sabato 10 marzo

«Mine musicali da Trieste». Così ha definito ‘Rockit’ i Welcome Coffee nella recensione di ‘The Mirror Show’, il loro ultimo Ep che, dopo un breve periodo di pausa, li ha visti tornare sulla scena con una nuova line up più fresca e carica che mai.

Abbiamo rivolto alcune domande a Stefano Ferrara, leader della band, alla vigilia del concerto che li vedrà live  al Full Gass di Trieste sabato 10 marzo ad ingresso gratuito. La serata vede in apertura gli What If I Was The Ceiling, questo il link all’evento su Facebook. 

Welcome Coffee (C) Ishtar Reja

Ciao, benvenuti su Freezine! Siete freschi di nuovo Ep e video, come vi sentite, come state vivendo l’esperienza?

Ciao, innanzitutto grazie per la domanda (ho sempre sognato di dirlo!), questa seconda vita dei Welcome davvero ci sta dando molte soddisfazioni: aver cambiato 3/5 della band era un grossa sfida, a volte cambiarne anche solo un elemento diventa un’impresa…figuriamoci tre!
Le cose sono nate molto spontaneamente e i nuovi elementi hanno portato tanto entusiasmo e soprattutto tanta tecnica e professionalità.
Ora ognuno ha un suo ruolo ben preciso all’interno dell’ingranaggio della band e soprattutto ci divertiamo un sacco, specie quando componiamo nuovo materiale, sembra di suonare assieme da una vita.

Ti andrebbe di riassumere la storia della band per chi ancora non vi conosce?

Ok, cercherò di essere breve: Welcome Coffee è un progetto musicale rock-alternative formatosi a Trieste nel 2012. L’idea di base è quella di fondere varie sonorità musicali senza identificarsi in un genere in particolare, lasciando libero sfogo alle attitudini dei singoli musicisti.
Dopo aver realizzato un EP (Box #2), un singolo (‘Sleepwalker’) e un LP (‘UnEvEn’) nel dicembre del 2015, per divergenze musicali, la band si scioglie definitivamente.
La voglia di suonare era troppa e la sensazione di aver fatto qualcosa di buono non andava via, pertanto qualche mese dopo, il sottoscritto Stefano Ferrara (bassista e fondatore della band) e Andrea Parlante (tastiere), abbiamo deciso di portare avanti il progetto cercando gli elementi mancanti, e dopo qualche mese, la ricerca è finita con l’ingresso di Davide Angiolini (batteria), Andrea “Armando” Scarcia (voce) e Bill Lee Curtis (chitarre). Non abbiamo perso tempo e abbiamo subito realizzato il nostro quarto lavoro: l’EP chiamato ‘The Mirror Show, realizzando contestualmente anche il nostro primo video ufficiale.
Per chi non ci conosce il nostro genere è molto variegato, comprende rock, funky, elettronica, prog e tanto altro, il che rende i nostri live per nulla monotoni.

Da dove viene il nome Welcome Coffee?

Il nome originale era Caffeine ma era troppo inflazionato, per gioco poi è diventato Welcome Coffee, qualcosa che desse energia e allora stesso tempo ti facesse sentire rilassato… e poi da buon napoletano non nascondo una mia piccola mania per il caffè!

Com’è nato ‘The Mirror Show’, c’è un concept, un filo conduttore tra i diversi brani? Com’è stata l’accoglienza finora?

‘The Mirror Show’ è nato dai pezzi rimasti in sospeso dopo lo scioglimento della band: pezzi inediti, sì, ma non nuovi.
La voglia di metterci subito alla prova era tanta e quindi ci siamo lanciati in quest’avventura, diciamo che è questo il vero filo conduttore.
Abbiamo da poco stampato una minima quantità di copie fisiche dell’EP, perché ormai si punta più sul digitale, giusto per chi vuole contribuire a far crescere il progetto.
Sono tempi difficili per la musica, l’attenzione verso le band emergenti è al minimo storico, specie per una band di nicchia come la nostra, ma noi teniamo duro, consapevoli che suonare ci fa stare bene e il resto ben venga.

Welcome Coffee, ‘The Mirror Show’ (2017)

Quali sono le maggiori differenze con il materiale precedente? In quale direzione sta andando il vostro sound?

Il filo conduttore è sempre lo stesso, ogni idea è buona a prescindere dal genere e dalla lingua del testo, ma posso affermare senza dubbio che ora c’è un impronta più rock grazie alla chitarre di Bill Lee.
Inoltre il sound variegato e coivolgente di Davide e la duttilità della voce di Andrea rendono quasiasi genere appetibile al nostro nuovo repertorio.

Nell’album c’è un brano che è un omaggio a ‘Twin Peaks’, perché questa scelta?

Questa è stato un mio personale tributo all’opera del maestro David Lynch. Ogni 5-6 anni rivedo questo telefilm-capolavoro coinvolgendo persone che non lo conoscono. Proprio mentre riguardavo le vecchie puntate è nata l’esigenza di un testo per una nuova canzone e quindi ho voluto provare ad omaggiare questa pietra miliare della tv anni ’90.

Com’è nata invece l’idea del video di ‘The Mirror Show’?

L’idea del video l’avevo covata da anni ma mai realizzata. È stata un’esperienza straordinaria, a questi livelli ti scontri con budget quasi inesistenti, quindi devi puntare tutto sulla fantasia e sui pochi mezzi che hai a disposizione.
Tra le canzoni dell’EP, ‘The Mirror Show’ era quella che più si prestava ad essere realizzata a costi bassi e con un paio di location, inoltre a mio avviso ha un testo allegro e un sound molto orecchiabile.
È stato quasi interamente girato in un bagno, dove a tutti, almeno una volta, è capitato di canticchiare. Sarà che il riverbero ti fa sentire una rockstar o sarà perché sei solo e puoi sfogare la tua vena artistica senza paura di essere giudicato… Il video parte così, con del sano ‘bathroom singing’ ma poi le cose prendono una piega strana… ma non faccio spoiler, guardatelo! Ai posteri l’ardua sentenza, noi ci siamo divertiti da morire a girarlo e a nasconderci qua e là qualche ‘chicca’ divertente.

Che cosa bolle in pentola per il futuro?

Dopo la data del 10 Marzo al Full Gass di Trieste, il 6 aprile saremo al 2° Lamps e Saetis a Corno di Rosazzo (UD) per una serata a base di birra e biker.
Inoltre siamo già stati confermati per il prossimo “Rock CAMP Summer Music Festival” che si terrà a Trieste in estate.
Qualche altra data è ancora in fase di conferma, vi aggiorneremo sui nostri canali social.
Oltre ai live, c’è l’obiettivo di di realizzare un nuovo CD entro l’inizio dell’anno prossimo, con tutto il materiale composto in questi ultimi mesi dalla nuova formazione, non vediamo l’ora!

Welcome Coffee

Contact:
Booking Manager: Stefano Ferrara
Phone:+39 328 0649735

www.welcomecoffee.com

www.facebook.com/WelCoffee

soundcloud.com/welcomecoffee

www.youtube.com/user/WelcomeCoffee

 

 

Storie di rock’n’roll: Giorgio (Bar Bohemienne)

Cos’ te me parli, in stampatello?’

Quello di Giorgio mi suona un po’ come un consiglio a non preoccuparsi troppo della sintassi, e di cui è meglio che tenga conto nel corso di quest’intervista.

‘Giorgio’ è Giorgio Mancini, triestino, classe 1962, da molti conosciuto come il ‘Re della Carambola’ a tre sponde, sport di cui è stato un vero e proprio campione. E che da ormai ben ventiquattro anni gestisce un piccolo pub in via San Michele, la strada che dal cuore della cità vecia sale verso il colle di San Vito.

Così al ‘Bohemienne’ -semplicemente ‘da Giorgio’ per gli amici- succede che si va la sera per bere un bicchiere, ma anche per ascoltare le mille storie del suo proprietario, e chissà quanti di voi ne avranno già sentito parlare. Sono storie di biliardo e di feste, di donne e di alcool…insomma, storie di rock’n’roll.

“Son rivado qua” racconta Giorgio nelle pause tra un cliente e l’altro, “perché iera tacado del club ‘Salomé’, che per un per de anni fazeva serate universitarie, iera bel, lavorava ben, e dopo…be’, disemo che la proprietaria iera un poco troppo avanti per quei tempi”.

“Co’ go verto i voleva 500.000 lire per cambiar il nome ‘Bohemienne’ ma ormai mi gavevo investì tutto e no gavevo più soldi, quindi go lassado el vecio nome. Esisteva el ‘Bohemienne 1’ e addirittura el ‘Bohemienne 2’ che iera in via Cereria qua de drio, iera quell’osteria coi campi de bocce”.

Tra le sue tante storie ci sono anche quelle sui leggendari Iron Maiden di passaggio a Trieste, di cui Giorgio è stato il testimone per ben due volte.

La prima, quella più conosciuta, racconta della jam session con alcuni musicisti locali, quando la band ha fatto tappa a Trieste prima di suonare a Lubiana.

Ma c’è anche un episodio precedente, che Giorgio racconta così:
“Lavoravo zo sule Rive quella volta….de ex ‘Gina la Sporca’, che dopo xe diventà el local de Muchich e desso xe una birreria de birre artigianali. Te ga presente quando che te son sulle Rive, te vardi in su te ga l’hotel Excelsior, ok? E a destra xe quella stradina che desso xe pedonale e sul canton xe la gelateria, ok? che una volta iera un cambio valute.
Bon, te va dentro per quella viuzza che dopo, andando dentro te rivi fin Cavana, e xe un local sulla destra con tanti tavolini fora. Ecco, là iera sex drugs e rock n’ roll, ogni sera in piena, bel, bel, el più figo local de Trieste, te parlo del ’92, ’93…”

 

“Una sera gavevimo una festa de compleanno, sarà stade una sessantina de persone, mi son oltre el banco che ingrumo biceri sporchi e a un certo punto me vedo dalla finestra passar ‘sti qua, cavelade, marzi…vardo Paolo e ghe fazo ‘E questi?’ e lui el me fa ‘Andersen!’
Quindi come che i vien dentro ciapo el primo e ghe digo ‘Hi friend, come on’… E in quel se gira el festeggiato e con l’aria alla Aldo Giovanni e Giacomo el taca a zigar ‘Non ci posso credere…il più bel compleanno della mia vita… gli Iron Maiden!’.
‘Ciò, mi lo vardo, gavevo el chitarrista in man, lo vardo e fazo ‘buh, lasa ah’, la buto in rider lo abbraccio e bon, dopo xe ‘nda avanti tutta la sera, i xe entradi carighi e i xe ‘ndai fora che i barcolava…e, te assicuro, no i iera de Barcola”.

La storia continua qualche anno dopo, quando Giorgio ha ormai avviato la sua attività nel locale di via San Michele.

“Passa tre anni, sarà sta’ el 96, intanto mi verzo qua, qua sotto iera el ‘Double Trouble’ appena verto da poco, la lo gestiva Barbara chitarrista, che desso xe a Valencia, con Ambra e ancora qualchedun. Ciò, mi terminavo ma passavo spesso zo a bever una bireta, e dopo andavo a casa. E vado zo, xe tutto scuro e sento woa woa woa, un che svisa…e xe lui, el chitarrista dei Iron Maiden! El smetti de sonar, tutta la gente là che vardava, ‘Hey friend’, el me batti el cinque, el me abbraccia e tutti quanti che me fazeva ‘ciò Giorgio, ma come xe, te conosi i Iron Maiden?”

Luci basse e tavoli di legno, a scaldare l’atmosfera del locale ci pensa ben la musica di sottofondo. Che sia il boogie woogie di Katy Webster, il punk ribelle di Joe Strummer o i classiconi dei Sabbath, chi va da Giorgio sa di trovare una colonna sonora sempre di prima scelta.

Dai trofei sportivi collezionati ai manifesti vintage, i muri raccontano l’amore per il biliardo e per la musica, tra cui i Rolling Stones. Silenziosi ma con lo sguardo complice, Mick Jagger, Keith Richards & co. sembrano quasi in procinto di staccarsi dai ritratti appesi per avvicinarsi e magari scambiare quattro chiacchiere.

E se oggi la movida tende a concentrarsi soprattutto lungo le Rive, c’è da dire che quello di Giorgio è uno dei primi, veri music bar rimasti in una zona di Trieste un tempo molto in voga per i suoi locali, punto di ritrovo per molti artisti e universitari.

“Una volta questa iera una bona posizion, adesso…a parte che xe cambiadi i tempi, desso no se pol bever, no se pol niente..quella volta viaggiavo con l’impianto in piena, desso no. Là del ‘Tetris’ iera una rivendita de vini e di fronte iera el cinema Radio, el ‘Nowave’ iera la latteria de Mariuccia, qua in fianco de mi oltre l’angolo iera un’altra latteria de un’altra Mariuccia…le se clonava ah, tutte quelle che gaveva una latteria se ciamava Mariuccia’.

‘In via Madonna del Mare iera el ‘Double Trouble’, che iera de tutto…La particolarità iera la musica a livelli impossibili, roba che desso no sopportassi più, e iera sempre pien. Po’ quella volta de locali verti de sera saremo stadi un sei…e come quel, neanche un! Adesso locali notturni xe sempre de più, i verzi tutti i baretti de sto mondo, xe più bar che portoni de casa e tutti quanti che fa tardi…prova a andar in piazza Barbacan, desso ghe ne xe sei, una volta neanche un!”.

E una sera, mentre scherziamo sulla possibilità di aprire una succursale ‘da Giorgio’ in montagna per i mesi invernali, mi viene la curiosità di chiedergli se nella sua lunga carriera ha mai pensato di trasferire la sua attività da qualche altra parte. 
‘Mille anni fa’, è la risposta, ‘ovvio che iera el sogno de verzer un posto in paesi esotici per andar a far el figo, ma iera solo un sogno de muleto. Andar via de Trieste xe facile, bisogna lottar per Trieste…e andar via xe boni tutti!”

Hc Underground Trieste @Il Posto delle Fragole Sabato 25.11! Intervista a Davide e Lorenzo ‘Cimaz’

Hardcore Underground Trieste sbarca al Posto delle Fragole sabato 25 novembre! Una serata all’insegna dell’italian hardcore con live di Mucopus Torino + Rage Cage + Hittin’ Random, una mostra di manifesti e dj-set! 
Ci raccontano meglio com’è nata l’idea Davide HC Vossini, anima di Hardcore Underground Trieste fin dalla sua nascita nel 2012, e Lorenzo ‘Cimaz’ Cimador, autore dei manifesti in esposizione.

[Davide]  E’un evento organizzato grazie alla collaborazione con la Cooperativa Sociale La Collina, un appuntamento che si svolgerà al Posto delle Fragole, nel Parco di San Giovanni di Trieste, dove da ottobre a marzo si alterneranno rassegne espositive accompagnate da concerti, le grafiche di Lorenzo saranno musicate da gruppi punk italiani.

Lorenzo e Davide di Hardcore Underground Trieste con Lucio Drusian (Upset Noise)

Freezine: I gruppi hc italiani che hanno fatto scuola sono tanti, oggi quella scena che cosa rappresenta? E’ ancora importante?
[Davide] Certamente, sono molti importanti per portare avanti il messaggio di reazione. Certo non è più come trenta anni fa, in certi casi è la brutta copia di quello che era, ma i temi sociali e ambientali della musica punk e metal vengono proprio da chi prova disagio e repressione.

Manifesto per il concerto dei RAW. e dei Vivere Merda al Tetris di Trieste

Feezine: Parliamo dei vostri flyer che sono piuttosto riconoscibili, che cosa ci raccontate?
[Lorenzo] L’autore sono io,  non sono un grafico di professione, nella vita faccio tutt’altro di mestiere. Quando Davide mi contattò per il primo concerto di HCUTS al CdC di Trieste decidemmo di fare qualcosa di diverso rispetto le grafiche hardcore in circolazione. La promozione di un evento oggi passa in prevalenza per internet, per questa ragione la grafica è ridotta ad un banner visualizzabile su PC o smartphone. Davide voleva qualcosa di assolutamente old school che conservasse lo spirito del punk DIY originale, ma allo stesso tempo consentisse la divulgazione tramite la rete. L’ispirazione principale mi è venuta dai vecchi volantini cartacei della scena punk/hardcore anni ’80. Generalmente erano delle semplici fotocopie realizzate con fotografie ritagliate, disegni, loghi fatti a mano. Nella loro semplicità conservano tutt’ora un grande fascino. La scena punk inglese della fine degli anni ’70 faceva largo uso di immagini di propaganda della Seconda Guerra Mondiale. Immagini tipiche erano persone che indossano maschere antigas nella quotidianità.

Freezine: Da qui è nata l’idea delle maschere antigas che è presente in tutti i manifesti di HCUTS, quasi una sorta di vostro marchio di fabbrica’?
[Lorenzo] Sì, esatto. Il primo flyer di HCUTS ritrae una famigliola felice al mare, in costume da bagno con la maschera antigas. Il concerto al CdC andò piuttosto bene e da allora le maschere antigas nei flyer sono diventate un portafortuna!
[Davide] E’ un’immagine grottesca, aggressiva, una maschera antigas è un dispositivo di protezione delle vie respiratorie, forse rappresenta una difesa dagli agenti inquinanti della Ferriera di Trieste. E’ di uso comune, direi quasi scontato nella categoria crust punk, ma è di forte impatto, mi piace!
[Lorenzo] In realtà esistono solo quattro manifesti realizzati per HCUTS senza maschere antigas!

Freezine: Quali sono?
[Lorenzo] Lascio il compito di scoprirlo ai più curiosi ed attenti!

Il flyer per Eus’Arse, Disperazione-Nevrotica e Minoranza Di Uno alla Casa delle Culture di Trieste

Freezine: Di tutti i flyer che hai realizzato per HCUTS a quale sei più legato?
[Lorenzo] Penso il flyer per il live dei Discharge al Festintenda di Mortegliano. E’ sicuramente il flyer per cui ho ricevuto più apprezzamenti dalla scena hardcore. Dal punto di vista tecnico è anche uno dei più complessi tra tutti quelli che ho realizzato.

Discharge @Festintenda-Mortegliano, artwork by Lorenzo ‘Cimaz’ Cimador

Freezine: L’esperienza di HCUTS ti ha fatto conoscere anche fuori dal contesto locale?
[Lorenzo] Sì, ho collaborato con varie realtà hardcore/punk italiane. Tra i progetti più importanti la realizzazione delle nuove t-shirt degli Upset Noise e il cd per lo split degli Anti Slaughter/Genocidio Chimico.

Freezine: E fuori dal genere prettamente hardcore/punk?
[Lorenzo] Ho fatto flyer per vari eventi, copertine cd, libri, t-shirt e merch vario. Ho collaborato con gli americani Mentors, con i Damned Pilots e molte altre band, triestine e non. In effetti in HCUTS sono quello meno hardcore e più metal! Scherzo, anche perché per HCUTS hanno suonato nel corso degli anni anche band con influenze metal come Hobos o band grindcore come Death On/Off, Corporation Of Consumption e Culto Del Cargo.

Freezine: Quali band porterete sabato al Posto delle Fragole?
[Davide] Ci saranno i MUCOPUS TORINO – El Paso Occupato che hanno sempre avuto centralità per la scena hardcore. A Torino tuttora ci sono gruppi hardcore/punk riconosciuti a livello nazionale ed internazionale.
I Mucopus … si rifanno al più classico hardcore italiano! RAGE CAGE – Hardcore Old School di chiara ispirazione nuovayorkese, sono un progetto nato da quattro amici di diverse città italiane nel 2014, con due ep all’attivo, per la prima volta a Trieste. HITTIN’ RANDOM – Venezia Hardcore è una crew basata sull’interazione generale dei gruppi indipendenti del veneziano. I sentimenti alla base di tutto ciò sono la cooperazione e la diffusione musicale alternativa. Darsi una mano a vicenda, conoscersi, collaborare.

I veneti Hittin’ Random

Freezine: Quando invece è iniziata l’esperienza di HCUTS? Qual è stata la ‘molla’ che vi ha spinto ad iniziare?
[Lorenzo] Tutto è nato alla fine del 2012 da un’idea di Davide. Trieste pur avendo una scena hardcore/punk piuttosto attiva da almeno 15 anni non aveva più ospitato live di gruppi storici della scena italiana. Da questa esigenza Davide ha iniziato a darsi da fare per realizzare questo progetto. Dal 2013 ad oggi hanno suonato per le feste HCUTS: Eu’s Arse, Warfare, Raw Power, Diserzione, C.G.B., Digos Goat, Bloody Riot, Blue Vomit, Crash Box, Maze, Fall Out, RA.W, Indigesti, Yes, We Kill! A New Scar, Bloody Riot etc…più diverse collaborazioni con altri organizzatori e promoters per Adolescents, Discharge, Sewage NYC per trovare location, band di supporto e strumentazione. Lo spirito di base nel corso degli anni è rimasto lo stesso: fare festa con la musica che piace a noi e divertirsi tra amici senza pretese di alcun genere.
[Davide] In occasione del trentennale degli Upset Noise, non sapevamo ancora dell’intenzione della reunion, o meglio, se fossero solo chiacchiere o una illusione. Già c’era stata la ristampa in cd della discografia da parte della FOAD, ma nessuna certezza, così decidemmo di fare una tribute band in loro onore. La cosa funzionò alla grande, un concerto matinée organizzato insieme ai ragazzi del CDC (Csoa di Trieste), insieme agli Eu’s Arse e ad altri gruppi: una giornata memorabile, era pieno così, tra il pubblico nonni, nipoti, kids, veterans, il back stage ridotto ad un porcile, se ci penso mi commuovo! Tutto questo per ringraziare quelle band che con la loro musica aggressiva e i testi in italiano ci hanno tenuto in guardia, per non rimanere vittime delle cose verso cui protestavamo da ragazzi. Potrei continuare per ore, oggi io, Tiziano, Lorenzo ed altri collaboratori continuiamo ad organizzare queste feste private per stare assieme, comunicare, ricordare e dare un calcio in culo a tutto quello che ci dà noia!

Davide insieme a Tiziano di HC Underground Trieste

Freezine: Quali sono state le principali difficoltà all’inizio?
[Davide] Tante! Chiedo scusa ai gruppi che hanno dovuto partecipare alle complicazioni dovute all’inesperienza, che mi ha costretto anche all’annullamento di qualche data, fare da mediatore è una rogna!

Freezine: Quali invece i concerti che ricordate con più soddisfazione?
[Davide] Ne abbiamo spesso parlato tra noi: quelli dei Bloody Riot, Diserzione e Digos Goat, Svetlanas, Straight Opposition e Raw.
Ti chiederai il motivo? Attitudine al 100%. Spudorati!
[Lorenzo] In generale tutti i live sono stati buoni sia come partecipazione di pubblico che qualità delle band. Personalmente i live che mi sono rimasti di più nel cuore sono quello dei Diserzione alla Casa delle Culture da cui è stato tratto un live bootleg e gli Svetlanas al Tetris. Il batterista suonò con 39 di febbre, mezz’ora di set memorabile! Farei un torto se non citassi dei gruppi storici anche i live dei C.G.B., Digos Goat, Raw Power, Bloody Riot, Indigesti, Fall Out, Blue Vomit, Warfare, Eu’s Arse, No Limits. Delle band più recenti: Straight Opposition, Round7 HC, DiscoMostro, Definite, Golliwog, Vivere Merda, Spavaldery, Carlos Dunga, Call The Cops, Vocazione HC, Vetro, Nervous HC, Anti Slaughter, Yes, We Kill!, RA.W., Minoranza Di Uno,  Because The Bean, The Nutries,  Mordax, Daltonic Out Cry, Ämbonker, North-East Rebel, Vecchia Scuola Trieste HC, Sisma, Furgone.

RA.W. @Tetris, Trieste, pic by Andrea Stoppa

Freezine: Qualche aneddoto, situazione particolare capitata ai vostri concerti?
[Davide] Sono sempre impegnato durante le serate, ho poco tempo per godermi le band e il party post-concerto. Spesso in un momento costruttivo possono capitare delle situazioni di forte emotività e le conseguenze sono tese, forse equivoche, ma servono comunque per regalarci esperienza, per riflettere e trovare anche un modo per capire che quando ci sono degli impegni e progetti seri, inevitabilmente si usano toni alti e modi scortesi. Tensione, imprevisti e stress non mancano mai, cerchiamo di risolvere i problemi sempre nel migliore dei modi, c’è sempre tanto da fare. Stiamo imparando!
[Lorenzo] Ricordo due ragazzi che alla fine di ogni concerto di HCUTS andavano a caccia dei manifesti per appenderli nella propria stanza. Le stesse cose che facevo io quando avevo vent’anni. Non avrei mai pensato che un giorno un mio manifesto potesse finire appeso in casa di qualcuno.

Freezine: Adesso il contesto è abbastanza difficile innanzitutto per la mancanza di spazi, come vedete la situazione a Trieste?
[Davide] Trieste è una città che ha perso la sua identità, è diventata borghese. La musica punk e metal fa parte di una classe sociale umile, semplice, popolana, bisogna ricercare nuovi spazi nella periferia![Lorenzo] La situazione attuale non è certamente rosea. Alla fine degli anni ‘80 era decisamente peggio, se c’era anche un solo concerto hardcore/punk o metal ogni due mesi era già tanto. Quello che è sempre mancato sono gli spazi adeguati, non mi riferisco a palazzetti da decine di migliaia di spettatori ma anche semplici club come esistono in altre città che possano ospitare anche un massimo di 300 persone. Da questo punto di vista Trieste è sempre stata carente.

Freezine: Qual è il problema maggiore e che cosa secondo voi si potrebbe fare per migliorare?
[Davide] Collaborazione, dialogo, rispetto, siamo rimasti in pochi, frequentiamo gli stessi posti, abbiamo molti amici in comune, conosciamo le stesse persone, abbiamo delle responsabilità.
[Lorenzo] Concordo! Meno futili discussioni sui social, creare una maggiore collaborazione tra le varie realtà, non solo hardcore/punk o metal.

Freezine: Progetti futuri? Sogni nel cassetto? C’è un gruppo ‘big’ che vi piacerebbe portare?
[Davide] Adolescents, Discharge, Raw Power, Indigesti sono gruppi che ascoltavo da ragazzo, il mio sogno si è già realizzato! Continueremo finché sarà possibile, con la speranza di ricevere altre proposte di collaborazione come è stato con il CDC, Tetris Club, Centro Culturale Il Cantiere (Festintenda) e Distruggi la Bassa, Rumori in Cantina, Professional Punkers e Roger Canfly rec. o altri promoter. Siamo solo un gruppo di amici, volete suonare per noi? rivolgetevi ai professionisti. Grazie Freezine, un abbraccio.

Storie di rock’n’roll: E.K. Krawall (Fuel From Hell, Planet K Records)

Storie di rock’n’roll. Storie di vita che si intrecciano con le storie di band, di tournée, di date da trovare o da ‘salvare’. Storie di incontri, di amicizie che poi diventano sodalizi di anni, nati ben prima di salire sul palco; magari per caso, chiacchierando al banco di un bar.

Storie come quella di Enrico Susi aka E.K. Krawall, triestino, 48 anni, ex frontman dei Fuel From Hell, hard rock band di cui è stato anche il manager. La sua incredibile passione per la musica, unita ad una buona dose di grinta, hanno fatto di lui un vero ‘pioniere’ nei primi anni ’90: sia nella promozione di concerti (Biohazard, No-FX, Sick Of It All, Cro-Mags, Doctor and the Medics, ecc.) che nella produzione di band come Upset Noise, Cenotaph e Ariadigolpe

Nell’86 ho conosciuto a Trieste in via Foscolo Fausto Franza e Paolo Cattaruzza’, racconta Enrico, che nella vita ha un lavoro e una famiglia. ‘Abbiamo cominciato a parlare e così ho scoperto che facevano parte degli Upset Noise, band che arrivava dall’hardcore e stava maturando un crossover mescolato al metal…insomma, il tipo di generi che in quegli anni hanno avuto la loro esplosione. Ho ascoltato l’album ‘Nothing More To Be Said’, scoprendo che andavano in tour con band americane che in quel periodo ascoltavo e adoravo’.

‘Con loro ho iniziato a fare il roadie vivendo situazioni incredibili’ continua, ‘ed assistendo a concerti strepitosi che poi sono rimasti nella storia, come quello nell’87 con gli Attitude, Messiah e i Negazione al mitico Leoncavallo di Milano. Da lì sei anni dopo sono riuscito a produrre ‘Come To Daddy’: doveva essere il disco che avrebbe lanciato gli Upset definitivamente, c’era in ballo un grande progetto con le etichette discografiche e diverse tournée in programma’.

‘Iniziando ad andare in tour, a vivere il viaggio, il prima e  il dopo concerto, a vedere le prove e l’organizzazione mi sono detto: ‘Cavolo, ci sono in giro tante band interessanti in giro, provo a chiamarle io!’
E così insieme ad altre persone ho cominciato ad organizzare concerti con la K Productions portando in Triveneto anche band americane. Ho visto nascere band che poi sono cresciute, tra cui Sick Of It All, Agnostic Front, ho visto nascere i Madball, che ascolto ancora oggi! Stampavamo anche magliette e felpe, gira addirittura un video con gli Articolo 31 e gli Extrema che avevano le nostre felpe!’

Flyer del concerto di Into Another e Upset Noise al Rototom di Gaio Spilimbergo nell’ottobre 1992

‘Poi, trovandoci nella sala prove dei Cenotaph che facevano death grind, abbiamo iniziato a pensare di mettere su una band un po’ diversa.
In quel periodo infatti molte band che facevano musica estrema avevano un progetto parallelo, penso ad esempio a Nick Royale, il batterista degli Entombed che poi si è dedicato agli Hellacopters!
Così io e Manuel Galati con Damiano e Max dei Cenotaph ci siam detti: ‘Proviamo anche noi a metterci a fare un certo tipo di rock, sostenuto, alla Motörhead!’

‘Siam partiti con cover di gruppi punk, poi, grazie a Damiano, son venuti fuori dei pezzi, finché si sono sentiti pronti a suonare live e me l’hanno comunicato…perché a me sembrava ancora impossibile! Primo concerto in assoluto è stato al ‘Bever Forever’ di Borgo S. Nazario dove io gridavo alla gente ‘Tiremo zo ‘sta baracca!’

Fuel From Hell, da sinistra: Dam (chitarra), Steve (chitarra), E.K. Krawall (voce), Max Velvet (basso), Andy T.N.T. (batteria)

‘All’inizio i Fuel erano un passatempo, poi sono diventati una priorità: cominciavano ad arrivare sempre più richieste per suonare, con loro tutto era più facile, a differenza dei Cenotaph con cui c’erano dei problemi per via di un genere così estremo. Invece con i Fuel ci siamo adattati a fare da supporto a band sia rock che grind, eravamo più versatili e adattabili, non eravamo per forza obbligati a suonare con band di un certo tipo. L’entusiasmo è arrivato proprio da questo, dalla facilità di suonare in giro, così il nome pian piano ha cominciato a circolare sempre di più!!!’

Fuell From Hell @Orto bar, Ljubljana, 2007

‘Da lì abbiamo cominciato a suonare sempre più spesso, sia all’aperto che al chiuso: aprivamo i nostri show con lo sputafuco Emiliano von Pesten, la gente si divertiva ai nostri concerti e i locali, dall’Hip Hop di Trieste al Motoraduno di Prepotto, erano sempre pieni! Eravamo spesso anche su ‘Il Piccolo’, grazie a Ricky Russo che ci ha sempre supportati’.

‘Fill You Up’ raduna tutte le cose belle fatte negli anni prima, direi che ha concretizzato tutto quello che è stato il nostro periodo migliore! Prima avevamo già fatto delle piccole autoproduzioni che stampavamo per gli amici, poi, mano a mano che ci siamo resi conto che la band funzionava a livello locale, quindi spinti dall’entusiasmo della gente, abbiamo deciso di raccogliere tutti i pezzi’.

Fuel From Hell ‘Fill You Up With Five Star Gasoline’, Go Down Rcords (2007)

‘Infatti ‘Fill You Up’ si compone di brani che avevamo già scritto aggiungendone anche una parte di nuovi. Abbiamo trovato l’etichetta, la Go Down Records, poi abbiamo registrato e ci siamo affidati ad un designer di Bologna, il Blitz Studio, per le grafiche è stato fatto un lavoro certosino…direi che è stata una gran bella sfida!’.

Fuel From Hell @Orto bar, Ljubljana, 13.12.2007

‘Poi abbiamo cominciato a portare l’album in giro con tante date in Italia, Austria, Germania, Slovenia, Croazia e anche Finlandia! Suonando anche con band importanti come gli L.A.Guns, a cui abbiamo fatto di supporto al tour per i vent’anni di carriera, al basso c’era il figlio di Tracii Guns. Ricordo la data al Rock Club di Pinarella di Cervia, io ero senza voce tanto che Damiano voleva sospendere il concerto… invece è venuto fuori miracolosamente uno dei migliori concerti che abbiamo fatto! Il disco ha funzionato parecchio a livello di recensioni e anche negli Stati Uniti, dove abbiamo ricevuto proposte per la distribuzione e per suonare, c’era in ballo una ristampa per il mercato sudamericano’.

‘Oggi che l’esperienza con i Fuel è finita mi dedico alla Planet K Records, che di fatto continua quello che avevo iniziato con la K Productions. Oltre ai Cenotaph e Upset Noise ho fatto uscire ‘Una Nuova Resistenza’ degli Ariadigolpe, crossover italiano che funzionava tanto…Tra gli ultimi eventi che abbiamo organizzato abbiamo portato a Trieste i Warrior Soul di Kory Clarke e i Mindwars, thrashers californiani in cui milita l’ex chitarrista Holy Terror Mike Alvord. Ho collaborato con la F.O.A.D. Records alla ristampa per la prima volta su cd di ‘Nothing More To Be Said’ (1987) e di ‘Growing Pain’ (1989) degli Upset Noise, un lavoro piuttosto lungo perché si tratta di una rimasterizzazione dalle bobine originali. Oltre agli album ci sono anche un bonus con un live in Olanda dell’86 e un dvd, una  sorta di documentario con interviste e footage rari dell’epoca. Mi occupo anche del merch a concerti e fiere, sarò alla Mostra Mercato del Disco in programma a Trieste il 26 novembre’.

Upset Noise ‘Nothing More To Be Said/Growing Pain + Live 1986’, F.O.A.D. Records, 2015

‘E comunque’, conclude, ‘aggiungerei ‘never say never’: dopo un bel po’ di tempo sono anche tornato a cantare nel cd che fa parte del progetto con Doctor Heathen Scum (The Mentors) & Karnokkorok su Planet K Records…vero punk metal rock grezzo, sporco e volgare!!!!’

Ascolta ‘Deep In Your Mouth’ qui sotto:

WARRIOR SOUL: Kory Clarke Talks Upcoming Album & Collaborations- Interview

Kory Clarke talks about the upcoming studio album as ‘hard catchy rock n’ roll’! Launched via Indiegogo campaign, it features many artistic collaborations, as John Polacheck on guitar from Chicago and Nate and Adam Arling from hard rock band The Last Vegas.
New Warrior Soul‘ album is scheduled for release in September 2017 via Cargo Records UK, meanwhile the band, including Christian Kimmett (guitar) and Michael Branagh (drums), will be playing a couple of dates in northern Italy:

Saturday, July 8, 2017 @Rock Camp, Trieste
Sunday, July 9, 2017 @Lighthouse pub, Noale (Venezia)

Hi Kory, how are you doing?
Thank you for inviting me again for an interview with you. Last time we headlined Trieste’ festival it was a blast! We continue to resist the corporate oil military control of the United States and resisting the Trump Administration and it’s ‘flunkies’. 

Kory Clarke @Trieste, 9.4.2016, (C) Paola Erre

So, you’re just back from US tour: gigs, last minute’ show, unplugged gigs…could you tell us a little bit more about the experience?

Yes, we’ve played a couple of shows in New York. We had a crowdfunding campaign for the new album through Indiegogo which is expected to come out in September with Cargo records UK. One of our investors asked for a private performance and we went in and nailed it! It was a really great experience in beautiful Pennsylvania farm country, trailer park amphitheatre, with an enthusiastic crowd. We had the other private performance show (so there were 2 of the bigger bucks) towards the new album. I helped organize for them in Manhattan in a recording studio, that was amazing too, very different to each other.

And you’re back on the drums, how do you feel it?
I play drums when I chose to, expecially in more intimate settings.

How was the experience with other musicians? 
Old friend musicians showed up and stood up tot the challenge of a Warrior Soul set. I have played with these friends in past tours. A bit of a ‘home coming experience’, but I did miss my band from Europe who will be playing with me in Trieste.

Could you give us an idea of what we can expect from the album, in terms of the style of music?
Expect the unexpected! Hard catchy rock n’ roll with an anti- establishment attitude.

What about your paintings? What is the connection with your musical activity, or it’s just for relax yourself?
Painting is brutal and you make a painting that gets finished only through an absolute battle with the paint, the canvas and actually painting enough of it, to not ‘over paint’ but still make it great. Your intuition is all you can go on to know when piece is completed. Sometimes you finish it over and over again only to realize that it could have been better before you started to go over it.

You started from New York in Eighties, how do you feel the city right now?
New York is a nightmare, just getting in and out of the airport is already unbelievable and crowded. The ‘edge’ is gone, it’s a far cry to the wild that it used to be in 1985.I don’t want to visit anymore. I am only going to play a few shows more in my career. I think this Fall could be the last time I play NYC. But the trip to Chicago has been amazing, working with John Polacheck on guitar and Adam and Nate Arling from The Last Vegas has been great for this new album with massive ideas and talent to completing this.. The tracks are being sent as we speak.

It seems a real global album..
My mixing engineer Miguel Martins is waiting in London, some of the mastering will be done between Athens and London. I cannot wait to get it done…This record is going to be awesome!

I’ve noticed you have a big feedback in Italy, in Trieste too..what about some project? 🙂
That’s an interesting concept…I like to work with GG Rock from Padova from record label Jetglow. He is a great producer of music and he will be playing with me at Trieste Rock Camp along with Christian Kimmett from Edinburgh and Branagh from Belfast, Ireland.